• Ultima modifica: Martedì 30 Ottobre 2018, 09:31:19.

Il cardinale Alberoni non fu uomo di particolare gusto in fatto di arte ma, seguendo una tradizione assai diffusa tra i prelati, volle anch'egli circondarsi di dipinti, sculture, oggetti preziosi. Infatti, quando visse a Roma dopo la fine dell’avventura spagnola, e quando infine si ritirò nella sua Piacenza, mise insieme, per decorare i suoi palazzi, un gran numero di quadri, alcuni commissionati direttamente da lui, i più acquistati in varie circostanze. Quasi tutto questo patrimonio, in base al testamento del cardinale, doveva essere venduto per incrementare le rendite del Collegio, ma non tutto trovò acquirenti: quanto rimase costituisce l’attuale collezione alberoniana.
Tra i pezzi più significativi dell’eccezionale raccolta, vanno considerate le tre serie di preziosi arazzi, tessute probabilmente da maestranze fiamminghe nel XVI secolo (Storie di Alessandro Magno, episodi legati a Didone, a Massimiliano arciduca d’Austria): i tessuti erano particolarmente cari all’Alberoni, che come primo ministro del re di Spagna patrocinò la creazione di manifatture tessili. Importanti vari dipinti, a partire dall’Ecce Homo di Antonello da Messina (1430-1479), capolavoro del nostro Rinascimento, in cui suggestioni da Piero della Francesca si abbinano ad una formazione fiammingheggiante. Da ricordare due piccoli dipinti di Jan Provost (1456 ca.-1529), la "Madonna alla fonte" e " Vaso con fiori" che qualcuno considera il più antico quadro di fiori della pittura fiamminga. Del piacentino Gian Paolo Panini (1691-1765) si ammira la cacciata dei mercanti dal tempio, eseguito per il palazzo romano del cardinale. Splendido il gruppo delle nature morte, considerate cose minori fino a non molti anni fa e ora giustamente valorizzate e studiate, sia per l’impronta realistica sia per la qualità della pittura.

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