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I Delegati Catechisti Diocesani d'Italia nel 1° Convegno indetto dall'Ufficio della S.C. del Concilio, voluto dalla magnificenza di S.S. Pio XI ospiti in questa Casa della Missione, ricordano con l'effige venerata del Sig. Giuseppe  D'Isengard  P.D.M. uno dei primi artefici dell'iniziata restaurazione della Catechesi in Italia 18-21 novembre 1929.

Nato a Spezia il 25 Settembre 1844 dal Barone Teodoro D'Isengard e dalla Marchesa Giovanna Francesca Federici, dopo avere compiuti gli studi nel Seminario della Città natale, il 16 Ottobre 1859 entrava nel Convitto ecclesiastico Imperiale Lercari di Sarzana a proseguirvi gli studi.

In appresso - il 16 Aprile 1863 - sentendo inclinazione alla vita missionaria diede il nome alla Congregazione nostra, ma ben presto costretto per ragioni di famiglia a troncare il Noviziato, ritornava alla Città natale, continuando tuttavia gli studi teologici nella Casa della Missione a Sarzana. 

Chiamato quindi ad insegnare nelle pubbliche scuole si munì perciò dei necessari diplomi, ch'egli ottenne a Firenze, ove a pieni voti conseguì la laurea in lettere. Della Commissione esaminatrice chi più di tutti seppe valutarne l'ingegno e l'abilità didattica fu il Prof. Augusto Conti, che pubblicamente ne fece i più lusinghieri elogi, conservandogli poi alta stima e schietta amicizia. La prima sua occupazione fu di insegnare lingua latina e greca nel Liceo di Spezia, ed in seguito lettere greche e Filosofia nel Seminario di Sarzana. Poiché ragioni di famiglia più non lo trattenevano, rientrò nel Seminario Interno, dopo avere emessi i santi voti, - il 19 Novembre 1872 - dal Sig. Durando veniva destinato al Collegio di Sarzana ove il Sig. Torre, sommo estimatore di uomini e di cose, lo applicava  all'insegnamento di belle lettere.

Quale fosse il suo valore sulla cattedra lo rileviamo dalla seguente testimonianza di una persona che col d'Isengard ebbe intimi rapporti, e del quale fu pure discepolo.

Per oltre trent'anni insegnò nel Ginnasio Comunale e nel Convitto ecclesiastico Imperiale Lercari, con profonda e vasta cultura, tanto da venire stimato una enciclopedia vivente. Le lettere italiane, latine, greche, le matematiche, la filosofia, la teologia, dogmatica e morale, il diritto canonico, la storia, la liturgia l'ebbero cultore appassionato e maestro. Con la chiarezza, la semplicità sublime dell'esposizione delle più astruse verità attraeva gli animi degli scolari che nonostante la severa disciplina della sua scuola gli si affezionarono come figliuoli. Data l'idea dell'argomento, egli lo spiegava minutamente, infine riepilogava così chiaramente che era impossibile che anche i più tardi d'ingegno non ritenessero l'insegnamento. Era poi una meraviglia vedere il Prof. Sig. D'lnsengard così austero e quasi terribile nella scuola, farsi come un agnellino con tutti appena ne fosse uscito. Alto di persona e corpulento, prendeva per braccio talora quello scolaro a cui aveva fatta la paternale e celiava con lui così piacevolmente che era un incanto veder quel gruppo singolare.

Ne lo studio profondo, a cui consacrava il giorno e buona parte della notte per adempiere il suo dovere d'insegnante, lo ritraeva dalle molteplici sollecitudini dello zelo sacerdotale. Per questo faceva sua delizia dettare di tratto in tratto esercizi sia al popolo che ad Istituti, a Religiose ed al Clero, al quale teneva conferenze grandemente apprezzate perchè ricche di dottrina. Peraltro la gioia più pura da lui provata nel sacro ministero si era quella di preparare i fanciulletti alla prima Comunione, gioia ch'ei non poteva frenare; ond'è che agli amici suoi ricordava spessissimo con la più viva commozione e compiacenza come sino dal 1868 avesse svolto siffatto ministero nel paese suo natale. Ed era per procurarsi sì cavo diletto che ogni anno, sia da Sarzana, che da Torino, da Roma, o da qualsiasi altro luogo egli si fosse trovato, non mancò mai di là recarsi per sì umile ed altissimo ministero. 

In un altro campo esplicò la prodigiosa sua attività: nel campo catechistico, il cui insegnamento formava per lui una vera passione. E non solo ebbe la suprema consolazione d’insegnarlo ai bimbi, ma ebbe pur anche quella di iniziare molti Sacerdoti ad esercitare pedagogicamente questo ministero. Per questo a Torino teneva settimanalmente apposita. Conferenza nella Piccola Casa della Divina Provvidenza (il Cottolengo) e riuscì con inesprimibile gaudio del suo cuore ad ottenere che nei Seminari venisse stabilita la cattedra di Catechetica, ed egli fu il primo a salire codesta cattedra nel Seminario maggiore di Torino, fu chiamato espressamente dall'Arcivescovo il Card. Agostino Richelmy.

Tutte le volte che si trattava di portare un contributo ad un ulteriore sviluppo nell’insegnamento della dottrina cristiana, il D'Isengard era sempre in prima linea; per questo, come lo si vide al primo Congresso Catechistico tenutosi a Piacenza nel settembre 1889, come pure all'ultimo, che ebbe luogo nella città stessa due soli mesi prima della sua morte (giugno 1913).

Ciò che soprattutto gli stava a cuore era formare i Catechisti. Fu questo il tema obbligato, da lui svolto nel Congresso di Milano (settembre 1910), tema assegnatogli dall'Arcivescovo Card. Ferrari. E dove non arrivava la sua voce giungevano gli scritti suoi, che moltissime furono le pubblicazioni del genere sul «Catechista Cattolico», periodico fondato a Piacenza e del quale per parecchi anni fu pure Direttore; pubblicazioni pregiatissime e di un grande valore, essendo il D'Isengard un vero didatta.

L'intenso suo lavoro a riguardo dell'insegnamento catechistico ebbe a premio un autografo di Pio X, col quale stabilitasi che il Catechismo si dovesse fare per l'appunto a forma di scuola. Codesto prezioso autografo non poteva non rallegrare l’apostolo del Catechismo, che la sua gioia volle versare nel cuore di Mgr. Pavanelli, al quale, dal letto di morte, mostrava con ineffabile contentezza e viva compiacenza il tanto desiderato documento.

Per il suo ingegno pronto e versatile, e per la grande sua memoria era da tutti singolarmente stimato. Anche in Roma ebbe i suoi ammiratori e nelle Congregazioni Romane e anche nel Vaticano, che Pio X lo volle Esaminatore del Clero, Consultore della Congregazione dei Riti e membro delle Commissioni Pontificie intorno alla riforma del Catechismo e del Breviario. Morì il 9 Agosto 1844 nella Casa di Monte Citorio, ove il 15 dicembre 1908 si trovava in qualità di Procuratore Generale presso la Santa Sede.

Da: Annali della Missione - raccolta bimestrale 31 dicembre 1925, Collegio Alberoni Piacenza, pagg.49-52.

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