• Ultima modifica: Martedì 30 Ottobre 2018, 09:31:19.
Mons. Giuseppe Rosati C.M.

Mons. Giuseppe Rosati C.M.

1° Vescovo di Saint-Louis

(Alta Luisiana- USA)


Nacque a Sora il 12 gennaio 1789[1] in una casa di via Valle, nell’ambito della parrocchia di S. Bartolomeo; fu quindi battezzato col nome di Giuseppe. I genitori Giovanni e Vienna Senese. Compì gli studi di filosofia sotto la guida del Can. Silvestri, nel Seminario Vescovile. Ricevette la prima tonsura e gli ordini minori per mano di Mons. Colajanni (1797-1814).

Nella Congregazione della Missione

Era il tempo in cui Pio VI e Pio VII erano sottoposti alle angherie di Napoleone Bonaparte e dei suoi scherani, che scorrazzavano per tutta l’Italia[2]. Nel 1807 troviamo il nostro chierico, postulante nel Noviziato dei Preti della Missione, a Montecitorio, la prima casa fondata in Italia dalla suddetta Congregazione[3], Ne vestì l’abito il 13 giugno 1807.

«Con altri tredici chierici e due coadiutori» aveva fatto i santi voti « nelle stanze di S. Stanislao a S. Andrea al Quirinale[4], il 1° aprile 1808, con dispensa pontificia dai due anni di probazione "ob gallicam invasionem»[5].

Studente del P. De Andreis

In questo tempo il nostro chierico s’imbattè in un’anima che avrebbe molto influito sulla sua formazione: il Servo di Dio P. Felice De Andreis (1778-1820). Sarà lo stesso Rosati a scriverne la prima Vita in francese, ma stampata in traduzione inglese dal sign. Burlando solo nel 1869 a Baltimora.

Sarebbe edificante tratteggiarne qui la figura di santo sacerdote, esemplare religioso, missionario insigne prima in Italia e poi, col Rosati, all’estero.

Per ora ci basti dire che il De Andreis insegnò al Rosati e agli altri studenti Teologia e Scrittura. « Quando... saliva in cattedra... faceva rimanere attoniti i suoi alunni per la facilità, l’abbondanza, la solidità, la chiarezza di ciò che diceva» - Così il Rosati -. E dopo aver testimoniato dell’assoluta padronanza ch’egli aveva della Scrittura e della Patristica ed essersi dichiarato « felice di fare, sotto di lui nella casa della Missione di Montecitorio a Roma », gli studi teologici, ne pone in risalto l’unzione e la rara capacità di infiammare i cuori, oltre che di illuminare le menti[6].

Compagno di missioni popolari

Il P. De Andreis, ricercatissimo predicatore d’Esercizi al clero e ai Ceti, trovò il tempo anche per evangelizzare tutto l’Agro romano. Le sue Missioni duravano anche sei, settimane. Fra l’altro, egli fu, oltre che in Roma, a Ceccano, Giuliano di Ferentino (oggi di Roma), a Sonnino, a Valmontone. Le ultime d’Italia furono quella di Vicovaro e quelle di  Cori a Valle e Cori a Monte, nelle quali ultime ebbe per compagno il nostro Rosati. Proprio in una missione (alla Scarpa sopra Roma), al Rosati sarebbe stata comunicata la notizia della sua partenza per l’estero[7].

A tal proposito egli stesso ricorda che fu richiesto un giorno dal De Andreis, in che cosa impiegasse il suo tempo? Ed egli rispose che l’impiegava in preparare prediche e, in qualche ritaglio, s’applicava allo studio dell’ebraico. « Lasciate l’ebraico - soggiunse il De Andreis - Noi altri missionari dobbiamo occuparci d’altre cose. Imparate l’inglese, perché questa lingua ci sarà necessaria, a voi ed a me, per predicare ed annunziare la Parola di Dio ai popoli che lo parlano! ». Volle ascoltarne il consiglio il Rosati e se ne fece dare una grammatica. Ma dopo pochi giorni gliela andò a restituire, dicendogli che, nonostante tutta la buona volontà, gli era sembrato e sembrava impossibile poterla imparare. « Ebbene, come vorrete - si sentì rispondere - Ma è certo che voi imparerete questa lingua; noi dobbiamo, voi ed io, predicare in inglese! ».

La messe è molta, gli operai son pochi!

Questo fatto accadeva molto tempo prima che un certo Mons. Luigi Du Bourg[8], dal vescovo di Baltimora, Mons. Carrol, fosse proposto al vescovato di New-Orleans. Venuto a Roma, per la consacrazione episcopale e per chiedere personale ed aiuti, fu dal Card. Litta, Prefetto di Propaganda Fide, indirizzato per l’alloggio ai Padri della Casa di Montecitorio. Ivi risiedendo, non gli fu difficile osservare l’attività, le capacità del De Andreis e ne concepì grandissima stima.

Sicché chiamatolo gli espose il suo bisogno e il suo progetto di ottenere dei missionari per la sua vastissima Diocesi.

Con tutte le riserve, ovvie per un religioso della finezza spirituale del De Andreis, tuttavia egli non poté trattenersi di mostrare tutto il suo entusiasmo, essendo stata quella delle Missioni all’estero la sua prima e incessante vocazione. Già tempo prima infatti aveva chiesto ed ottenuto di andare in Cina, poi dissuaso dal consiglio di un suo Direttore spirituale.

Ma forse adesso era scoccata l’ora di Dio! Mons. Du Bourg,  ne aveva parlato al Papa e col Vicario generale della Congregazione della Missione, il P. Sicardi, per concretare entità e persone dell'impresa, cara al cuore del S. Padre. Inutile dire che il De Andreis era del numero. Ma era anche questa la ragione della perplessità del sign. Sicardi. Fu costituita una Commissione cardinalizia e tanto si discusse e trattò che il Sicardi dette il suo benestare. Il De Andreis, cui fu dato l'incarico di scegliere altri compagni, scrisse per primo al nostro Rosati, che sapeva a « La Scarpa» in missione. Nel biglietto mi diceva - narra il Rosati nel suo Diario - « che sapendo le mie disposizioni mi aveva contato nel numero... Ma che ero in tempo di ritirarmi se non volevo e che, perciò, gli rispondessi con un bel sì od un bel no ».

Il « bel sì » alla vocazione missionaria « Fuori di me per un avviso così inaspettato e così conforme ai miei desideri - prosegue il Diario - dopo essermi raccomandato a Dio e consigliato col sign. Colucci, mio direttore (col quale era in missione), gli risposi con un bel sì »[9].

Troppo lungo, anche se bello, sarebbe qui narrare i preparativi, le peripezie del trasferimento da Roma in America.

Lo faremo accennando alle tappe essenziali, seguendo tra le Fonti, specialmente il Diario del Rosati.

Con lui erano i Signori Acquaroni, Cremisini, fratel Polenghi, Antonio Boboni e Francesco Baranvaschi, fratelli postulanti, un prete di Recanati, il Rev. Spezioli e due preti romani, il rev. Bighi e il rev. Pereira. Un altro Gruppo, via terra sarebbe stato guidato dal De Andreis; questo del Rosati, per via mare. Appuntamento Bordeaux. Accompagnati da Mons. Du Bourg furono prima ricevuti e benedetti dal Papa a Castel Gandolfo. Alcuni per via si sarebbero ritirati.

Il Gruppo Rosati s'imbarcò sul Tevere, allora navigabile, a Ripa Grande: era il 21 ottobre 1815, si giunse, dopo gravi pericoli, a Civitavecchia, poi a Livorno, La Spezia, Genova: ivi si ritirò il Pereira. Da Genova si levarono le ancore il 29, il 30 ottobre a Nizza e poi in un porticciuolo a 30 leghe da Frejus. Poi, a piedi, causa il mistral, da Saint Raphael a Tolone e da Tolone a Marsiglia.

Si dovette attendere il 20 dicembre per partire, diretti a Bordeaux, ma costretti a fermarsi a Tolosa[10].

Da Tolosa a Bordeaux

Mons. Du Biourg intanto, col De Andreis, sera recato il 1° novembre a Napoli per invogliare altri operai nella gran messe della sua immensa Diocesi. Già esisteva la famosa Casa de Vergini, dei Preti della Missione ed ivi alloggiò Mons. Vescovo, Ma, per varie ragioni, essi ottennero soltanto 100 ducati dal Card. Ruffo e nessun missionario; essendosi in trattativa per l’apertura di ben 4 Case. Nel frattempo fu, anche stipulato un Regolamento delle Relazioni fra Vescovo e Missionari, firmato oltre che dal Vescovo e dal De Andreis, superiore designato della Missione, anche dal signor Sicardi, Vicario generale.

Per Porta Flaminia, il gruppo De Andreis uscì di Roma il 15 dicembre, con un sacerdote romano, due chierici ed altri che gli si unirono per via. Attraverso il Delfinato, la Provenza, la Linguadoca e la Guascogna furono a Tolosa il 24 dicembre e di là a Bordeaux, dove il De Andreis giunse il 30 gennaio: il gruppo Rosati il 4 febbraio successivo.

Nella città atlantica i Missionari, compreso quindi il Rosati, rimasero a lungo, per svariate ragioni e contrattempi, ma vi esercitarono ogni specie di apostolato, buon tirocinio della loro missione all'estero.

Fra l’altro, una lettera di Mons. Du Bourg comunicava che la loro opera non si sarebbe più svolta a New-Qrleans, ma nella Luisiana, 1200 miglia più a nord del corso del Mississippi per accostarsi ai pagani, il che fu causa di altre defezioni.

Il 22 maggio il Du Bourg raggiunse i Missionari a Bordeaux, con una folta schiera di ecclesiastici, laici ed aspiranti al sacerdozio.

Finalmente il 5 giugno 1816, i Missionari col Du Bourg si imbarcarono su una nave americana, con meta Baltimora, il 23 luglio successivo si approdò nella baia di Chesapeake e, per la corrente contraria, solo il 26 potettero sbarcare.

Da Baltimora a Louisville, a Saint-Louis

Le dolorose tappe di trasferimento via terra, attraverso boschi, fiere, selvaggi e pericoli d’ogni genere e comprensibili inumane privazioni possono richiamare alla mente i viaggi dell’apostolo Paolo: forse anche più disagiati e faticosi[11].

Il 19 novembre 1816, a piedi e poi, attraverso il fiume Ohio, su battelli a vapore, si giunse a Louisville e furono ospiti di Mons. Flaget, vescovo di Bardstown, nel Kentucky.

Ivi il sign. De Andreis, prese il posto del rev. David, nell’insegnamento in seminario, perché da questi fossero istruiti i Missionari nell’apprendimento della lingua inglese. Chi più d’ogni altro faceva progressi in essa era il sign. Rosati, che prometteva « beni immensi col suo zelo, sanità ed eccellenti qualità » [12]

Finalmente, il 6 gennaio 1916, a Saint-Louis: ove si parlava il francese e l’inglese; oltre le lingue indigene, nelle quali si pensò subito di tradurre il Catechismo. In tutte le attività che ivi si svolgono, le più varie e impegnative, indefessa è l’opera del Rosati Il De Andreis, nelle Relazioni con le quali non manca mai di informare Roma, non può chiudere bocca.

Dice: « Egli annunzia grandi cose. Si vede che Dio l’ha chiamato a questa Missione per eseguire dei gran disegni: ha salute robustissima, ha fatto prodigi nella lingua inglese, mi ha anche preceduto a predicare... Il Signore concede a lui.. grazie e lumi ». E già lo propone in propria vece a Mons. Du Bourg, quale Vicario generale. A Baltimora il Du Bourgera arrivato con più di 30 Missionari, i quali poi tutti, compreso il Rosati lo precedettero a Saint-Louis, ove giunsero il 17 ottobre, preparando ivi gli animi, alquanto prevenuti, all’arrivo del nuovo vescovo (quello di New-Orleans) che era Mons. Du Bourg. Egli giunse il 30 dicembre.

Il vastissimo campo d'azione

Abbiamo accennato in nota come il territorio della Luisiana, affidato alle cure pastorali del Vescovo di New-Orleans, era vasto quanto l’Europa[13]. Non ci soffermeremo ora a descrivere le condizioni veramente pietose di questo gregge frammisto a lupi. Pochi cristiani, molti eretici, atei, deisti.

Materialisti d’ogni estrazione e provenienza. accorrevano braccia e cuori zelanti, oltre che ingenti e mai sufficienti aiuti materiali. Questo era il centro, ove risiedeva lAutorità civile, rappresentata da un Reggente del Governo: su cui gravitavano perciò le più che 50 Nazioni di indigeni o «selvaggi», tutti pagani[14]. Ed era a questi che bisognava portare il messaggio evangelico. S’andava a piedi o tutt’al più a cavallo; si dormiva a terra, per cuscino le selle, nei boschi e fra le immense praterie; sotto capanne di tronchi e frasche. Si digiunava, più che non si mangiasse: scarsa e non sempre una razione di lardo affumicato, qualche po’ di miele selvatico, focacce di mais, quasi niente vino; in abbondanza soltanto te e caffè. Giornate e settimane di lavori pesanti, marce forzate, sacrifici indicibili. In tutto ciò precedeva tutti, fra cattolici di nome e denominazioni religiose le più strane e impossibili, con l’esempio il Rosati, che faceva di tutto; fino il falegname e il muratore.

A Saint-Louis il primo pensiero di Mons. Du Bourg fu quello di costruire una Chiesa, che fungesse da Cattedrale, in sostituzione de « la capannuccia di legno aperta da tutte le parti» all’acqua e al vento. Alla fine la Chiesa sarebbe risultata di 130x40 piedi ad unica navata; finita nel gennaio del 1819. Annesso alla Cattedrale il Seminario; fu eretta anche una Casa per l’educazione delle Giovani a Florissant ove operavano i Gesuiti.

S. Maria ai Barrens

A Saint-Louis il Rosati tornava di tanto in tanto; ma con gli altri sera spinto a 80 miglia a sud, a Bois-Brulens o i Barrens (praterie).

Fu questo il centro d’irradiazione missionaria, con il Noviziato o Seminario interno della Missione, fatto di tronchi d'albero, mattoni, frasche, assi e pietrame. Per disposizione di Mons. Du Bourg e del signor De Andreis, vi fu eletto superiore il signor Rosati con altri 20 missionari, giungendovi dal Kentucky per Louisville su una chiatta a remi; rematori gli stessi missionari a turno. Dall’Ohio in piena passarono al Mississippi, approdando sulla riva destra. I mezzi e i viveri fatti inviare dai Barrens non giunsero all’incontro e bisognò fermarsi a costruire capanne per ripararsi, con una sola masseria a qualche miglio di distanza, priva d’ogni provvista e la generosità del cui proprietario permise loro almeno di cogliervi alcune pesche. Poi s’intraprese il viaggio di 120 miglia a piedi, fra i boschi. Il 2 ottobre, spossati, allo stremo delle forze, giunsero ai Barrens, ivi accolti paternamente da Mons. Du Bourg. Al signor Rosati fu dato l’incarico, oltre la cura delle anime; di dirigere anche il Seminario. Con l’aiuto dei Seminaristi adattò la casa della signora Lyan, una pia vedova devota con figliuoli, ricavandone dal solaio un dormitorio; dalla cantina il refettorio; la stanza maggiore in sala da studio, quella più piccola a camera del superiore; la Cappella, sotto il portico. Ivi il Rosati confessava ed insegnava Teologia e S. Scrittura. Ma non bastava. Su richiesta delle famiglie, aprì una Scuola gratuita per fanciulli e giovani. La povertà ivi davvero imperante mosse finalmente il cuore di alcuni cattolici, che cominciarono ad inviare aiuti.

Il 14 febbraio 1819 arrivarono di rinforzo un Sacerdote e tre Fratelli coadiutori dall’Italia. Si giunse poi a tanti, che - scriveva il De Andreis - «il signor Rosati con una quindicina di seminaristi, tra i quali ve ne sono già parecchi americani, stanno alloggiati come le alici nel barile, in una misera capanna di legno ». Poco distante fu poi costruita una Chiesa e per esservi vicini, vi si trasferì tutto il College o Seminario « S. Maria »: capanne più piccole, attorno ad una appena più grande: in tutte però pioveva a cielo aperto e s’affondava nel fango fino a mezzagamba. Ma sull’esempio .del Rosati, sempre innanzi a tutti e intraprendente quanti mai, fu dissodato del terreno e coltivato ad orto, ricavandone di che mangiare verdure e legumi.

Superiore, Vicario generale, Vescovo

Gracile di salute il De Andreis, quanto era forte e robusto il Rosati, fin dal 1816, cioè fin dagli inizi, Vicario Generale di Mons. Du Bourg a Saint-Louis, anelava a riunirsi al suo dilettissimo Rosati, per potersi dedicare alla conversione degli indigeni, senza però riuscire d’ottenere il permesso. Ammalò poi di risipola e stette per morirne; ne guarì. Ma, sentendosi vicino alla fine, sollecitava per le cariche di Superiore della Missione e di Vicario Generale ad eleggere il signor Rosati, suo antico discepolo, suo consigliere, suo braccio destro. Ma il suo desiderio e la sua coscienziosa designazione non doveva essere accolta che dopo la sua morte, avvenuta ai suoi 42 anni, il 15 ottobre 1820, « munito dei santi sacramenti e quasi pregustando le delizie celesti ».

Con la morte del De Andreis, crebbe a dismisura il lavoro e la responsabilità del Rosati, che doveva dividersi fra i Barrens, quale superiore della Missione e Saint-Louis, quale Vicario Generale. Ivi, quasi non bastasse il resto, doveva insegnare in Seminario sei ore al giorno: latino, greco, francese, retorica, filosofia e teologia[15]. Le sue doti, la sua instancabile azione in tutta la Bassa ed Alta Luisiana, con i frutti che ne derivavano, ne oltrepassarono i confini. Su esplicita richiesta dell’Arciv. di Baltimora e forse anche di altri vescovi statunitensi, dalla S. Sede viene eletto vescovo di Tanàgra (Beozia) « in partibus » e Vicario Apostolico negli Stati del Mississippi e dell'Alabama. Ma a questa nomina e ad una replica da Roma con Breve del 13 agosto 1822, oppose un duplice rifiuto. Nel frattempo crediamo che neppure Mons. Du Bourg se ne stesse inattivo, per non perdere un sì prezioso elemento. Così forse si spiega con un intervento del Du Bourg, che la S. Sede revocando quello precedente -con Breve del 21 gennaio 1823 nomina il signor Rosati Vescovo Coadiutore della Luisiana, con la tassativa disposizione che, entro tre anni, tutta la Luisiana sia divisa in due Diocesi[16].

La consacrazione episcopale di Mons. Rosati avviene per l’imposizione delle mani di Mons. Du Bourg, il 29 marzo 1824.

Un Breve del 14 luglio successivo effettua già lo smembramento in due Diocesi della Luisiana (Alta e Bassa), staccando quella di Saint-Louis dalla sede di New-Orleans. Nel frattempo Mons. Du Bourg rinunzia al suo incarico ritirandosi a Montauban in Francia e, pare tutto un coscienziosissimo piano da lui prestabilito e da Roma provvidenzialmente attuato, Mons. Rosati da vescovo coadiutore, è chiamato a sostituirlo. Su richiesta ovviamente ufficiale, il Rosati opta poi per la sede di Saint-Louis (Alta Luisiana) e un Breve del 20 maggio 1827 lo elegge vescovo residenziale di Saint-Louis, ma assieme, finché non si provveda, anche Amministratore di New-Orleans (Bassa Luisiana), per la rinunzia del Du Bourg, sede vacante. Mons. Rosati, senza por tempo in mezzo, e interpellato in merito propone a Vescovo il suo confratello, il signor Nekere, trentenne fiammingo ed egli stesso gli impone le mani consacrandolo Vescovo di New-Orleans.

La sua azione pastorale

Questo, si direbbe, il curriculum -non ancora completo - e ricostruito sui documenti ufficiali, che sono i Brevi pontifici, di Mons. Rosati, primo vescovo dunque di Saint Louis.

Più che continuare, egli intensificò la sua già intensa azione missionaria. Il 1° gennaio 1827 gettava le fondamenta della Chiesa del suo Seminario. E documentato anzi, in proposito, che si rivolse a Roma - a « Propaganda» e ai suoi Confratelli - per aver aiuti. Il signor Angelo Boccardò, latore di danaro e di lettere, ebbe la disavventura che, sbarcando, « gli scappò il sacco », inghiottito dai gorghi del Mississippi. Ma nel 1830 gli aiuti dovettero pervenire nelle mani dell’infaticabile vescovo, per mezzo del signor Giovan Battista Tornatore[17].

Durante la sua permanenza a Saint-Louis è stupefacente quello che il Rosati seppe, volle e riuscì a fare: un sorano dall'ingegno poliedrico, d'una capacità realizzativa eccezionale, d'una tenacia di volontà adamantina, che lo pone fra i più grandi vescovi di tutti i tempi.

Quella « prima pietra », posta subito alla costruzione della Chiesa del Seminario, non fu l'ultima. Senza poter essere purtroppo[18] in grado di indicarne la priorità e limitatamente alla sola città episcopale, egli fondò un Orfanotrofio, un Istituto per i Sordomuti, un Ospedale, le Scuole Elementari per i poveri, un Istituto per i Fanciulli nobili, il Collegio « S. Maria », l'Accademia[19], il Collegio dei Missionari, molte altre Case religiose e, in tutta la Diocesi, ben trenta Chiese.

Fra gli Indiani e i Negri

Non ultima delle sue preoccupazioni pastorali-missionarie erano gli indiani. Fondò una Casa per le ragazze indiane; iniziativa che ci richiama alla nota tragedia di quei popoli di antichissima, non sempre primitiva civiltà e nobile fierezza, cui già il Rosati aveva dedicato la sua attenzione e attività missionaria. A ciò se s'aggiunge quello che dai Barrens avevano operato tutti gli altri Missionari e ancora operavano nel nome e sotto la guida di Rosati, si comprende come il nome del santo Vescovo risuonava gradito alle diverse tribù indiane. Forse con questa dinamica. Gli Irochesi, spintisi verso est e il Canadà, dei primi del secolo (quando i Gesuiti già vi operavano), s'imbattettero nelle tribù delle «Teste piatte», dalle quali sentirono parlare dei «mecate» (sottane nere) e « urojatte» (padri dell'orazione) - come accennammo nella nota 14 e, come già facevano capo a Sant-Louis per i contatti col Reggente del Governo, gli indiani «teste piatte» inviarono un'ambasciata a Mons. Rosati, per supplicarlo che mandasse anche a loro chi annunziasse il nuovo «messaggio». Con sommo suo rincrescimento, Mons. Vescovo non poté subito accontentarli, per la scarsezza di personale e promise soltanto che, appena possibile, ne avrebbe mandato uno. Era il 1831. E ne nacque una piccola «querelle», poiché - secondo quanto asserivano i protestanti - quegli Indiani erano venuti non alla ricerca di Monsignore, ma della Bibbia. E la Bibbia la portarono loro nel 1836, fondando una missione protestante nell'Oregon.

Solo tre anni dopo vi sarebbero giunti due sacerdoti canadesi e, quattro anni dopo, il gesuita P. Desmet (1801-1873), inviato proprio dal Rosati e ottenuto da Roma, dai Superiori della: Compagnia di Gesù, coi quali fu sempre in grande amicizia[20]. A loro affidò il giornale da lui fondato « Le Berger de la Vallée », per rispondere alle insinuazioni protestantiche. Anche gli indiani «Cuori di lesina», più tardi avrebbero chiesto il battesimo e l'assistenza religiosa.

Con gli indiani furono oggetto delle cure e preoccupazioni pastorali di Mons. Rosati anche i Negri, che erano sottoposti ad ogni angheria, schiavi venduti e comprati come merce dai mercanti arabi, strappati con razzie alle loro terre e ai loro affetti, ingaggiati in lavori disumani con lo scudiscio, nelle piantagioni di cotone, di zucchero, di mais e di tabacco. Molti ne istruì e battezzò egli stesso e per mezzo dei suoi preti e missionari. Un'azione d'efficacia pastorale, quella del Rosati, da superare di molto, secondo noi, la cifra di 60.000 conversioni, come riferisce qualcuno[21].

Legato pontificio e santa morte

Nel gennaio del 1840 Mons. Rosati fu a Roma per riferire sullo stato delle anime affidate alle sue cure. La relazione esatta e scrupolosa parlava di 500.000 anime, su una superficie di 170.000 miglia quadrate inglesi, 77 preti, dei quali 25 della sua Congregazione, 23 Gesuiti, oltre un gran numero di preti italiani, irlandesi, belgi, francesi e 11 seminaristi. Oltre il Noviziato e il Seminario, aveva eretto 5 Residenze e Missioni, due Orfanotrofi, un Ospedale, affidato alle Suore di Carità, con circa 1200 posti-letto. Le chiese erette erano salite a una cinquantina e venti ne aveva lasciate in costruzione; 12 le Case religiose femminili per l'istruzione e l'educazione delle ragazze, un Monastero con 241 educande, 70 orfanelle e 379 allieve. E pensare che quando arrivò a Saint-Louis nel 1816 v’erano soltanto sette piccole chiese di legno, quattro sacerdoti e ottomila cattolici. Nel suo gregge non dimenticò gli immigrati d'ogni nazione. Ai tedeschi, ch'erano giunti al numero di 4000, provvide il terreno ed una chiesa a loro esclusivo uso nella loro lingua.

Di tutto ciò ben edotto il papa Gregorio XVI, nominatolo dapprima Assistente al Soglio pontificio, lo inviò suo Delegato Apostolico nella Repubblica di Haiti[22] 22 nelle Antille, prima detta Santo Domingo. Non scenderemo a dettagli, ma dal Breve pontificio risulta « essere le cose ecclesiastiche d'Haiti così dolorose e turbate, da richiedere un intervento della Sede Apostolica, assolutamente necessario ». Nello stesso Breve è detto che la scelta è caduta sul Rosati per la sua « prudentia, probitas, religionis zelus, in rebus ecclesiasticis sollertia atque peritia Nobis satis probata ». La data del Breve è del 30 aprile 1841: a firma, del Card. Lambruschini[23] 23. Prima di recarsi ad Haiti, tornò in Sabina; ove aveva predicato trent’anni prima; dettò gli Esercizi ai Carcerati di Castel S. Angelo; fece una corsa a Napoli, ove era già stato esule, per la legge francese d'espulsione, predicando agli Studenti di Medicina e Chirurgia dell'Università, a Capua, a Cava de' Tirreni ed altrove. In Napoli se non forse a Sora, egli era stato ordinato sacerdote nel 1811, essendo stata emanata la legge d'espulsione nel 1808.

Vescovo ora nel 1842 di Saint-Louis e Delegato Apostolico.

Ma anche stavolta tornò per poco alla terra natale. Vi fu ricevuto con onori eccezionali: furono staccati i cavalli dalla sua carrozza e portato dai signori e nobili, in mezzo al tripudio di tutto il popolo festante[24].

Ad Haiti avviò quelle trattative, che nel 1860 avrebbero portato alla stipula di un Concordato con la S. Sede. Nel 1843 aveva fatto ritorno a Roma, per una Relazione sulla Missione svolta e si accingeva già a tornare alla sua cara città di Saint-Louis, quando in viaggio fra Lione e Parigi, fu colto dal male, che lo costrinse a far ritorno a Roma. Era il 4 settembre. Il 26 dello stesso mese del 1843, nella casa di Montecitorio spirava santamente, andando certamente a cogliere il premio di tante fatiche apostoliche.

La sua vera gloria

Ma, oltre naturalmente il suo zelo missionario, non furono gli onori ed i riconoscimenti dei suoi meriti, la vera gloria di questo sorano puro-sangue.

Da ben altra sorgente, come tutti i santi, egli attingeva l’ispirazione, la forza, la tenace perseveranza, che gli fece affrontare e superare tanti ostacoli, realizzare tante opere: cioè dal sincero e profondo amore per Iddio, nel prossimo. Ne aveva dato prova dieci anni prima della morte, quando nel 1833, in Saint-Louis infierì il colera. Non erano i nostri tempi.

In tre giorni il terribile e inguaribile male stroncava inesorabilmente la vita.

Il panico colse tutti e tutti fuggirono dalla città infestata dal flagello. Egli solo, il Vescovo, « il Buon Pastore », « posto a reggere il gregge di Dio», non lasciò le sue pecorelle, ma quasi avesse potuto difenderle rimase sulla breccia, nel rischio personale quotidiano, «offrendo se stesso per loro ».

Ma Dio permise che all'infaticabile zelo missionario e alla santità del grande sorano, non mancasse anche il riconoscimento umano, assieme al frutto sempre più prodigiosamente fecondo delle sue opere.

Nel 1931 un telegramma del nostro Ministro degli Esteri, trasmesso all'allora primo cittadino di Sora, Prof. Paolo Zeri, comunicava che la cittadina della Luisiana, Krobwiew, cambiava il proprio nome, assumendo quello di Rosati.

Ciò «a ricordo del grande pioniere italiano Giuseppe Rosati, che nato a Sora (Frosinone), spiegò nella prima metà del secolo scorso, in tutta la Vallata del Missouri, la sua vastissima missione religiosa»[25]. In seguito a tale avvenimento, fu inviato un messaggio al Magistrato della città di Rosati; fu apposta una Lapide commemorativa in Municipio; fu integrato il nome della via Valle, ove era la casa natia di lui, in via di Valle Rosati, come già del resto faceva il popolo da anni; come anche gli si intitolò il Largo e Lungoliri Arena e le Scuole Medie.

Ma c'è il frutto «duraturo » dello zelo operoso di Mons. Rosati.

Demmo innanzi i dati dello stato d'anime della città e Diocesi di Saint-Louis. Oggi la Sede vescovile di Mons. Rosati, residenziale dal 1826, metropolita dal 1847, è Sede cardinalizia e conta - su una popolazione di 1.921.000 abitanti – ben 517.870 fedeli, assistiti da 1064 sacerdoti, dei quali 521 diocesani e 543 religiosi; con 159 seminaristi (18 ordinazioni, metà diocesane, metà religiose nel 1972); 841 religiosi; 2.926 suore; 25 Istituti di beneficenza; 243 Istituti di Educazione[26].

Son dati e cifre giustamente vanto della Chiesa universale, che seppe in questo suo figlio, come anche figlio della « devota città sorana », dare prova così efficace di tanto precoce apertura sugli orizzonti umani, sociali e cristiani del mondo.

N O T E


[1] Secondo l’Enciclopedia Cattolica, Vol. X, alla voce « Rosati », questi figura nato a Roma nel 1768 il 12 agosto e morto a Saint-Louis nel 1843.

Lo si dice poi entrato nella Congregazione della Missione il 4 novembre 1785, professo il 5 novembre 1787. L'unica fonte citata è: «Notices bibliographiques sur les écrivains de la Congregation de la Mission» - Angouleme, 1878. Un po' poco; anche se ci si dice poi che Mons. Rosati fu autore del « Cerimoniale », in uso in tutti gli U.S.A., stampato dal Burlando nel 1865 e di una «Vita del P. Felice De Andreis ». Le fonti sorane convengono con la nostra data di nascita, oltre che, s’intende, sul luogo, salvo la variante d’un giorno, 13 invece del 12 gennaio. Noi stiamo per la fonte italiana: «Vita del Servo di Dio - Felice De Andreis - fondatore e primo superiore - della Congregazione della Missione - negli Stati Uniti d'America - Memorie raccolte da RAFFAELE RICCIARDELLI, prete della stessa Congregazione, Roma, Industria tipografica romana 1923 ». «Cfr. pago 192. Vedi anche «L'Osservatore Romano », art.: «La città di Rosati, U.S.A. », 13-10-1943.

[2] Noi ne parlammo, riguardo a Sora ed Isola di Sora, nel cap. v.

[3] La Congregazione della Missione (che le fonti interne fanno risalire al 1617 e al 1625 per la prima casa in via Saint Victor, a Parigi, fu fondata da San Vincenzo Depaul (1581-1660). Fu approvata dall' Arc. di Parigi nel 1626; dal Re nel 1627; da papa Urbano VIII (1623-1644) il 12 gennaio 1633: Al tempo di quest'ultima approvazione, la loro residenza era nel Priorato di S. Lazzaro. I religiosi di questa Congregazione sono perciò chiamati ora Vincenziani, ora Preti o Signori della Missione, ora Lazzaristi. In Italia da Roma (Monteciiorio) e da Genova e Napoli la Congregazione si era diffusa in tutta la penisola. In iCociaria, dal «Saggio di Pratica pastorale», sappiamo d'una fondazione dei Preti della Missione in Roccasecca, durante l'episcopato di Mons. Montieri.

Per quanto riguarda la Casa dei Ss. Giovanni e Paolo, essa fu data ai Preti della Missione dal papa Innocenzo XII (1691-1700), quando costruì il palazzo dei tribunali accanto alla loro casa di Montecitorio. Essi vi presero possesso in 19, tra missionari, studenti e coadiutori, il 4 ottobre 1697. Nella nota seguente è chiarito il motivo della cessione di detta Casa ed annessa Basilica alla Congregazione dei Passionisti, che vi hanno tuttora la loro Casa generalizia.

[4] Questo particolare ci richiama a un dato della Vita del santo Fondatore dei Passionisti. Difatti, per la soppressione della Compagnia di Gesù, decretata da papa Clemente XIV (1769-1774), la loro Casa di S. Andrea del Quirinale fu offerta a S. Paolo della Croce. Ma egli non l'accettò. Potrebbe essere questa un'altra conferma in favore della nessuna influenza avuta dal Fondatore dei Passionisti nella soppressione dei Gesuiti (cf. P. E. ZOFFOLI, « S. Paolo della Croce », Storia critica in 3 Voll., cf. Parte V. Cap. VI, pagg. 1404 -1436, Roma 1969). Il motivo addotto fu quello che la casa mancava del requisito, per lui essenziale, della solitudine. Ma soggiunse pure: « E poi, fra quarant'anni i miei figli dove andranno? ». Questo rifiuto indusse il papa a chiedere ai Preti dèlla Missione di cedere ai Passionisti la loro Casa dei SS. Giovanni e Paolo e passare in quella del Quirinale. E ciò avvenne. Ma nel 1814, restaurati gli Ordini religiosi, i Preti della Missione dovettero restituire S. Andrea del Quirinale ai PP. Gesuiti, avverandosi così la predizione del Fondatore dei Passionisti. Per questa ed altre notizie, attingiamo all’opera «La Congregazione della Missione in Italia dal 1640 al 1835 -Tip. Pillet et Dumoul in -Parigi 1884 ». Per la notizia da noi riferita e riguardante i Passionisti, l'A. cita però testualmente «dalla Biografia del signor Raspi »; Cf. anche l'o. c., del Ricciardelli, a pago 339.

[5] RICCIARDELLI, o. c., pago 192.

[6] Ibidem, apg. 39-40.

[7] Op. c., pago 37.

[8] nato ad Haiti da un commerciante di Bordeaux, studiò a Parigi e fu poi in America nel 1796. Sulpiziano, fu direttore del Collegio «S. Maria» di Baltimora, prima incaricato, poi vicario generale, in New-Orleans, di Mons. Carrol; che finì per proporvelo vescovo. La consacrazione episcopale avvenne a Roma il 24 settembre 1814 in S. Luigi de’ Francesi, consacrante il Card. Giuseppe Doria. Il P. De Andreis ne tesse l'elogio che si può leggere nell'Op. c., a pag. 327. Il Du Bourg si firmerà vescovo della Luisiana e delle Due Floride, ma la sua Diocesi abbracciava anche l'Illinois, l'Arkansas, il Missouri: un territorio cioè vasto quanto tutta l'Europa.

[9] Dal Diario di Mons. Rosati, presso l'O. c., a pagg. 177.

[10] Più dettagliate notizie nell'O. c, che attinge al Diario Rosati; cf. ivi tutto il cap. VIII, pagg, 110-202

[11] I particolari nell'O. c., ai Capp. XII e XIII.

[12] Da una lettera del Sign. De Andreis.

[13] Op. c., che attinge dal Rosati, pag. 399.

[14] La religione di queste tribù «selvagge» era tuttavia monoteista. « Chissemetù» (padrone della vita) il loro Dio; cui offrivano con le prime fumate di pipa, macerazioni e tormenti personali, contro se stessi, davvero crudeli e indescrivibili. Per nutrirsi e vestirsi sommariamente, vivevano di caccia. Il commercio coi bianchi li introdusse alluso dell’alcool, che fu loro micidiale. I missionari (sottane nere o padri dell’orazione) erano detti « mecate» o «urojatte ». Ecco una delle traduzioni del «Padre nostro »: Nossak Pemenke, chilaape, ceckimitonseignia te para quissolimi, chiviak debehere tams caneceki nironan, Seberetan onane Aposi pemenkeo Inoke micipeneh miricane oneni pena, chiro cehecki meteo ackeck chiritoingh rapini -ira ni oueni piraki ceheki inereo -ackeeck nivoesittacu. Callanossa deboe tavichane mereo ackeek checoa sitojangho Ceeki merce mereo ackeek paquitarno cane pervi mionan. E Ouajak deboatao nia kam era l’Amen.

[15] Da una Circolare del Vicario Generale della Congregazione della Missione, che reca la data del marzo 1822.

[16] Crediamo sia stata questa « disposizione» ad Ingarbugliare un po’ le date delle Fonti italiane, che si riferiscono all’episcopato del Rosati. Dire che Mons. Rosati sia stato eletto vescovo «trentottenne», come fa il Lauri in «Note Illustrative, ecc.» a pag. 25, porta la data d’elezione, computata su quella di nascita, al 1817: mentre la data ufficiale del Breve di nomina è del 1823. «Trentottenne» il Rosati lo sarà nel 1827, quando cioè fin dal 1824 eletto e consacrato vescovo-coadiutore, fu eletto pleno jure vescovo di Saint-Louis. Questa ricostruzione, fondata del resto sulle date ineccepibili dei Brevi, coincide così con l’Annuario Pontificio, che fa certamente testo: in materia. Ivi infatti leggiamo che la Diocesi di New-Orleans risale al 25 aprile 1793 e quella di Saint-Louis, della quale rimane dunque il Rosati «primo pastore», risale al 18 luglio 1826: quando Mons. Rosati aveva appunto 38 anni, vescovo però già da due anni.

[17] Egli si recava in Luisiana, quale Superiore della Missione, che nel 1835 sarà staccata dalla giurisdizione del Visitatore di Roma, rendendola «Provincia autonoma» con il primo superiore americano, il signor Timon. Il Tornatore continuerà ad essere superiore dei Missionari ai Barrens.

[18] Diciamo «purtroppo », per la mancanza d'una ricerca e d'una ricostruzione critica in proposito. Che queste modeste note biografiche invoglino altri, del Laicato o del Clero, ad un lavoro più degno di questa autentica gloria sorana.

[19] E' quella forse che il Lauri in «Note Illustrative, ecc.» a pag. 13 chiama «Università di S. Luigi », affidata ai Gesuiti con i quali certamente il Rosati fu sempre in ottimi rapporti.

[20] P. LAVELLE S. J., «Vita e apostolato del P. Desmet» Stampo a Lilla. Ed. Desclée 1913.

[21] Cf. C. MARSELLA, o. c.

[22] Scoperta da Cristoforo Colombo nel suo primo viaggio alle « Indie Occidentali », per le sue immense e ancor inesplorate ricchezze fu colonizzata dagli Spagnoli in gara coi Francesi. La sconvolsero al punto che quasi tutti i Presidenti, dal 1801 al 1843, furono o rovesciati da rivoluzioni, o esiliati o uccisi.

[23] L'originale del Breve, manoscritto, è conservato dal signor Ettore, pronipote del nostro Rosati.

[24] Cf. A. LAURI, Mons. G. Rosati C. M. Roma -Annali della Missione -Via Pompeo Magno, 21. Forse fu sollecitato a questo ritorno dal Vescovo, Mons. Montieri, perché componesse una lite tra lo stesso Vescovo e le Monache di S. Chiara. Trattò la cosa con tanto tatto, che già il 18 marzo 1841, il Vescovo poteva scrivere alle Monache: «L'ottimo Mons. Rosati, il quale venne certamente qui mandato dalla Provvidenza e che fu da me vivamente pregato pel vostro bene, si è compiaciuto di manifestarmi quanto da voi desiderato ». E a tutto acconsentiva, assolvendo dalle censure la M. Badessa. Cf. «Saggio di Pratica pastorale », Vol. I, 203-205.

[25] La notizia e il testo del telegramma in « Note Illustrative, ecc. », pag. 24.

[26] Annuario Pontificio.

Testo ripreso da "Annali della Missione" Mons. Giuseppe Rosati Vescovo missionario, di P. Filippo della S. famiglia, C.P. - pagg.225-242

 

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