STORIA E OPERE
DELLA CASA DELLA MISSIONE DI SAN JACOPO SOPR'ARNO
Pietro Leopoldo e la casa della missione di Firenze
Il Prospetto de vantaggi ritratti dalla città di Firenze e da tutta la Toscana sottolinea la stima nutrita da Pietro Leopoldo per la comunità vincenziana e spiega la conseguente protezione accordata. Il giudizio positivo nei confronti del Granduca è comprensibile, se si tiene presente che il documento fu stilato in seguito alla subita sudditanza francese e alla soppressione della casa di S. Jàcopo Sopr' Amo (1808).
Pur contenendo alcune espressioni elogiative nei confronti di Pietro Leopoldo che aveva concesso la possibilità di agire, nonostante le limitazioni introdotte con le riforme, il documento presenta alcuni dettagli che, integrati con altre fonti coeve agli avvenimenti, ci permettono di avere un quadro più completo del periodo e del rapporto del Granduca con i Preti della Missione di Firenze.
I documenti, contemporanei ai fatti narrati, lasciano intravedere un progressivo aumento delle difficoltà incontrate dai Preti della Missione per poter svolgere la predicazione missionaria e le altre attività proprie della congregazione.
Nei primi anni del governo di Pietro Leopoldo non vennero segnalati particolari ostacoli. Il Granduca accordò ai missionari la facoltà di usare per le opere pie quanto veniva restituito durante le missioni. La granduchessa intervenne alle prediche tenute a S. Felicita nel 1766. Nello stesso anno, Pietro Leopoldo volle i Preti della Missione ad Altopascio per una predicazione straordinaria. Castello di duecento abitanti, il piccolo paese era stato concesso in commenda dai Granduchi al priore dei monaci di S. Stefano martire. In quegli anni sorse una lite tra l'agente generale, l'affittuario, il curato e le famiglie "principali" di Altopascio. Il senatore Federichi, volendo porre termine ai contrasti che serpeggiavano all'interno del castello, domandò al vescovo di S. Miniato, alla cui diocesi apparteneva, una missione popolare. Nonostante la preferenza del prelato per altri predicatori, Pietro Leopoldo richiese i Preti della Missione. La lite venne placata e subentrò la pace all'interno delle altre famiglie. La missione si concluse con la soddisfazione di tutti ed anche del Granduca.
Negli anni settanta e ottanta del XVIII secolo, le riforme ecclesiastiche influenzate dal giurisdizionalismo e dalla convergenza tra Pietro Leopoldo e il movimento giansenista, di cui abbiamo già fatto cenno in precedenza, limitarono e condizionarono l'andamento della casa di S. Jacopo Sopr' Arno. Fin dal 1772 fu impedito di predicare all'esterno delle chiese senza previa licenza 166. Questa fu accordata, inizialmente per le singole missioni 167, in seguito, con la circolare del 15 giugno 1773, fu concessa per ogni luogo. Con il 1776 i missionari dovettero sottostare all' autorità reale per predicare le missioni ed ottenere l'autorizzazione per i territori diocesani situati nel Granducato toscano. La progressiva diffidenza nei confronti della predicazione popolare risulta evidente nel resoconto della missione predicata a Pomarance nel 1780. Prima che giungessero i missionari, il vicario regio di Volterra aveva reso pubblica una lettera con la quale si gettava il discredito sui Preti della Missione definendoli « gente senza creanza, che manca di rispetto ai preti, che insegnano la malizia, ignoranti ... spie del vescovo ». I vincenziani poterono dare inizio alla missione solo dopo aver convinto i sacerdoti e le donne della falsità dell' accusa.
Presto, però, dovettero interromperla, perché il notaio regio aveva intimato la sospensione per accertare la veridicità di quanto era stato scritto.
La predicazione poté proseguire solamente quando gli abitanti di Castelnuovo, che avevano avuto in precedenza la missione, fecero una sottoscrizione in favore dei missionari. La predicazione popolare, infine, venne sospesa per otto anni, dal 1784 al 1792, in tutto il Granducato.
Fu ripresa, con cautela, alla morte di Pietro Leopoldo.
Negli anni ottanta del XVIII secolo furono anche soppresse alcune rendite che consentivano alla casa di S. Jacopo di svolgere gratuitamente molte attività. Alla casa della Missione furono tolte le decime di Mosciano. Il legato M. Maddalena Strozzi, che consentiva a tre chierici poveri di essere mantenuti gratuitamente, nel 1785 fu incorporato al patrimonio ecclesiastico. Nel 1787 venne estinto l'obbligo da parte dell' ospedale degli Innocenti di fornire ai missionari la cera gialla. Il Granduca, tuttavia, condonò la gabella richiesta, quando fu unito alla casa di S. Jacopo, il "casone detto Frescobaldi", che serviva per i novizi e per i convittori.
La corrispondenza del superiore della casa della Missione di Firenze con la segreteria del Regio Diritto mette in luce altri aspetti del governo di Pietro Leopoldo che interessarono la congregazione vincenziana. Le attività svolte in favore della formazione del clero continuarono ad essere approvate. Più volte la segreteria segnalò l'invio di sacerdoti nella casa della Missione, perché facessero gli esercizi. Con una lettera del 10 agosto 1785, annunciava l'arrivo del sacerdote Giovanni Crocetti, pievano di Montaione, diocesi di Volterra, affinché facesse un ritiro di due mesi e fosse istruito sui doveri sacerdotali e nelle cerimonie ecclesiastiche. Un' ordinanza del 1789 dell'”Amministrazione reale dei Patrimoni ecclesiastici" obbligava le comunità religiose ad assumersi i gravami che spettavano agli ordini mendicanti. Il superiore della casa della Missione, con una supplica, inoltrata il 23 agosto 1790, ricordava all' "Amministrazione reale" che S. Jacopo non poteva essere considerata alla stregua delle altre case religiose in quanto doveva mantenere un noviziato richiesto dal Granduca, due parrocchie (S. Pietro in Gattolino e S. Andrea in Mosciano), il convitto ecclesiastico a cui accedevano molti giovani, ma pochi pagavano un'esigua retta. Molte persone partecipavano gratuitamente ai ritiri predicati dai missionari, ma solo i secolari, che annualmente li frequentavano nella settimana santa e gli ordinandi, intervenivano pagando una modesta pensione. Tutti gli altri ricevevano vitto e alloggio 'senza dover contribuire alle spese. Inoltre, la casa doveva pagare il frutto di un capitale di undicimilatrecento scudi. Il superiore concludeva chiedendo l'esenzione dai gravami imposti a tutte le comunità religiose. La supplica venne accoltal78.
Altri provvedimenti regi riguardavano la comunità locale e compromettevano la sua appartenenza ad una congregazione dalla dimensione internazionale. Fin dal 1784 fu impedito ai visitatori della provincia Romana della Congregazione della Missione di compiere la periodica « visita regolare » nella casa di Firenze. L'autorizzazione venne nuovamente concessa solo nel 1794. In quanto costituita da sacerdoti secolari e dediti al bene pubblico, Pietro Leopoldo permise alla comunità vincenziana di Firenze di avere soggetti provenienti da altri Stati, ma con il Motu Proprio del 5 settembre 1788 i Preti della Missione furono obbligati ad aprire il noviziato interno, per accogliere i toscani che chiedevano di far parte della Congregazione della Missione.
Il noviziato, però, durò poco tempo a causa dell'esiguo numero di aspiranti missionari 183. Nel 1789 venne l'ordine di convocare l'assemblea generale. Di fronte alla nuova disposizione i Preti della Missione risposero di non poter soddisfare il decreto, in quanto la casa di Firenze era l'unica della Congregazione della Missione presente nel territorio del, Granducato. Inoltre, essa era unita a tutte le case fondate negli altri Stati e dipende
ta annua di 889 scudi. A queste si devono aggiungere le entrate provenienti dai Monti redimibile, della Pietà e delle Graticole. Dal 1704 il Monte del sale ne forniva gratuitamente molte staia. Lo Scrittoio Regio interveniva pagando le rette per i sacerdoti ed i laici che si recavano dai missionari per gli esercizi spirituali. Il contributo, soppresso con il governo di Francesco Stefano di Lorena e la Reggenza da lui costituita, fu sostituito con ottomila scudi donati da Domenico Chiavistelli, affinché la Congregazione della Missione potesse acquistare dei beni e con le rendite ottenute continuasse a predicare gli esercizi sia ai sacerdoti che ai laici. I legati che permettevano di predicare gratuitamente le missioni erano quattro: Bianciardi per Castellina nel Chianti 119, Sansone per Terra del Sole, Placidi per la Maremma e Chiavistelli per tutte le altre zone del Granducato.
Le rendite servivano per soddisfare gli impegni assunti con il contratto di fondazione. Il convitto ecclesiastico, fondato nel 1704, era un seminario esterno del quale si occupavano quattro sacerdoti.
Agli studenti venivano tenute lezioni di filosofia, teologia dogmatica, teologia morale, Sacra Scrittura e liturgia. Nel periodo, compreso tra la fondazione della casa e la soppressione avvenuta nel 1808, frequentarono il convitto novecentonovantadue giovani. Un sacerdote si dedicava alla "Congregazione dei chierici" che si riuniva ogni domenica per la meditazione e l'ascolto di un discorso di teologia morale sui doveri dei sacerdoti. La "Conferenza ecclesiastica", istituita il 2 gennaio 1743, in seguito al suggerimento di Giovanni Battista Bruni, priore di S. Felicita, si riuniva settimanalmente nel periodo compreso tra il primo lunedì del mese di gennaio e l'ottava della natività di Maria. A S. Jacopo, il clero « apprendeva il modo di cantare le divine lodi e di celebrare le sacre funzioni ». Per gli ordinandi, i parroci ed i confessori, venivano predicati gratuitamente gli esercizi spirituali più volte l' anno. In Avvento e Settuagesima si tenevano i ritiri per venticinque persone di ogni grado; invece nella settimana di Passione venivano accolti quaranta nobili e cittadini. Il governo ed il vescovo, a volte, mandavano i preti che non compivano i loro doveri ecclesiastici e ad essi un sacerdote predicava gli esercizi spirituali. Nelle missioni popolari erano impegnate generalmente due "squadre", che in caso di necessità diventavano tre.
Per l'istruzione dei missionari impegnati nella formazione del clero e nella predicazione nelle campagne, la casa della Missione possedeva una biblioteca che pare fosse ben fornita, poiché con la soppressione di S. Jacopo e l'occupazione di Firenze da parte dei Francesi, molti libri furono trasportati nella Corte imperiale. È possibile individuare alcuni testi utilizzati per gli studenti e per la formazione dei Preti della Missione attraverso i resoconti delle "Entrate-Uscite", anch' essi sequestrati durante l'occupazione francese ed attualmente conservati nell' Archivio di Stato di Firenze.
L'analisi dei libri, presenti in una casa della Missione, permette di conoscere i centri d'interesse dei Preti della Missione in genere e l'orientamento nella formazione. Infatti i missionari non portavano con sé, da una casa all' altra, i libri per la lettura. Questi venivano conservati in un ambiente chiuso e sorvegliato dal "prefetto" della biblioteca.
L'analisi del libro mastro, dove sono state segnate le spese effettuate negli anni 1703-1705, ci ha permesso di identificare circa trenta opere. Gli autori appartenevano in prevalenza alla Compagnia di Gesù. I libri provenivano da Venezia, Bologna, ma anche da Parigi con notevole dispendio per il loro acquisto e trasporto. In alcuni casi, poi, era necessario rilegare i volumi comperati. Nel libro mastro viene segnalata più volte la rilegatura di alcune copie dell' Enchiridion di Jean Buys.br> Nella "biblioteca della casa di S. Jacopo Sopr' Amo si trovavano i commenti all' Antico Testamento di S. Agostino e quelli al vangelo di Luca di S. Bonaventura. La teologia dogmatica era rappresentata da Louis Abelly, legato alla comunità vincenziana, dal Becano e dal Breviarium theologicum del Polman.
Nei secoli XVII e XVIII la predicazione doveva servire per illuminare il comportamento del cristiano e indurlo ad una vita coerente al Vangelo; a tal fine si dava grande rilievo alla teologia morale. Anche le poche opere della casa di S. Jacopo, che siamo riusciti ad identificare, confermano questa preoccupazione. I contenuti della predicazione si ispiravano ai trattati dei Gesuiti Cardenas, Layman, Toleto, beato Campion, Manni.
Facevano parte della biblioteca: cinque copie delle Consultationes canonicae del canonista Pignatelli, il Catechismo Romano, il Cathechismus historicus del Fleury, l' lstoria universale di tutti i concilii del Battaglini.
Il settore liturgico, particolarmente importante per i missionari che insegnavano ai sacerdoti le cerimonie, era rappresentato dal Gavanti, dal Baudry, dal Durand e da altre opere minori non facilmente identificabili. Per la preparazione del clero si utilizzava anche l'lnstructiones ad confessarios di Carlo Borromeo e l' lnstrucion de sacerdotes del Molina. Il Pinamonti, autore vicino alla sensibilità missionaria vincenziana, era presente con tre opere: gli Esercizi spirituali per i secolari, una Raccolta di operette spirituali ed il Direttore indicato per la formazione dei direttori spirituali. Vi figurano anche le Prediche e la Guia de pecadores del domenicano Luis de Granada (+ 1588) il Compendio dello Spinola e Gli stimoli al Santo timor di Dio del Casalicchio. Per lo studio della filosofia veniva usato il Commentarius di Pierre Barbay.
Nel periodo preso in esame (1703-1784) nella casa di S. Jacopo Sopr' Amo si avvicendarono sedici superiori. Pier Francesco Giordanini rimase solo due mesi; Bernardo Scaramelli e Michele Briccolani tornarono una seconda volta; Giovanni Vigliani 157 e Francesco Filippi morirono a Firenze, mentre erano superiori della Casa di S. Jacopo. Alcuni ebbero incarichi importanti nell' ambito della Congregazione della Missione, o come assistenti generali o come visitatori delle due province italiane.