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Sig. Gaggia Francesco |
Il Sig. Gaggia nacque a Pellizzano, Diocesi di Trento. Entrato in Congregazione il 21 Ottobre 1832 nel Collegio Alberoni, divenuto, in seguito, Superiore di Perugia ivi lasciò profondo ricordo di sè poiché per le rare sue virtù era da tutti stimato, assai, specialmente dagli Ecclesiastici. Ma tra il Clero chi più d'ogni altro, seppe valutarne la santità di vita fu il Card. Gioachino Pecci, che lo scelse a direttore della propria coscienza.
Quanta venerazione egli avesse per il Sig. Gaggia ben lo diede a divedere il 25 Gennaio 1893, allorché la doppia famiglia di S. Vincenzo, si era raccolta intorno a lui per assistere al Divin Sacrificio.
Mentre a Messa finita Leone XIII ammetteva tutti al bacio del sacro piede, adocchiando se mai gli venisse dato, scorgere tra i presenti il caro sembiante di lui, avutone sentore della morte avvenuta in Roma stessa il 24 Febbraio 1882, il Sommo Pontefice ad alta voce e con accento, di convinzione esclamò: «Il Sig. Gaggia era veramente un santo».
Se a Perugia ed a Roma s'aveva di lui grande concetto, non meno, profonda fu l'impressione lasciata a Piacenza ove venne inviato, in qualità di Superiore il 28 Luglio 1860, ed ove dimorò sino, ai primi del 1879, sino quando, partiva per Roma eletto, Visitatore. Orbene: la fama che di lui correva sia al Collegio Alberoni che in Diocesi, - in molti paesi della quale fu più volte a bandire la divina parola - era che egli fosse un santo Missionario. Infatti: umile, mite, buono con tutti...
Uomo di preghiera e di intima unione con Dio esercitava per questo, un potente fascino, in mezzo alle popolazioni, ma specialmente nella comunità, in modo particolare poi fra i giovani alunni che tanto l'amavano, ed apprezzavano appunto, perchè sentivano, il benefico, influsso, del suo regime, regime tutto paterno, ed improntato di bontà. Il bene ch'egli operò nel Collegio Alberoni fu incalcolabile, ed esso, era frutto della incomparabile sua virtù.
Da: Annali della Missione - raccolta bimestrale 31 dicembre 1925, Collegio Alberoni Piacenza, pag. 46.